1/1000 degli interventi operati presenti in archivio!
In prevalenza ai tempi dell'idealismo sociale,
contro l'imbarbarimento
e la globalizzazione delle identità.
Ameria 2020 - Slargo dell'Anarchia già Piazza Guglielmo Marconi
*
OGGI, 17 marzo 2020, PER DIFENDERE LA MIA LIBERTÁ DI MOVIMENTO
HO DOVUTO DISCUTERE CON QUESTO STRAPPINO ARROGANTE GIOVINASTRO
CHE ERA IN ZONA A NASCONDERE I SUOI DANNI SU PALAZZO PETRIGNANI
*
IL TESTO É CONSULTABILE PER INTERO IN:
www.grupporicercafotografica.it/GRF2015-3.pdf
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DENUNCIA DEL 30 GENNAIO E REPLICA DEL 30 OTTOBRE 2015
RISPOSTA DEL COMUNE TRAMITE PREFETTURA
2° RISPOSTA AL COMUNE TRAMITE LA PREFETTURA
L'ULTIMO MESSAGGIO, FAI DA TE, DOPO 1.500-1.600 INTERVENTI
DA PARTE DEI VIGILI URBANI, CARABINIERI E CARRO ATTREZZI!
IL TUTTO NEL PAESELLO DEI SORDI!
sopra UN ESEMPIO DI EDUCATE SCUSE RICEVUTE
e
sotto UN ESEMPIO DI IGNORANZA DATO CHE I
PASSI CARRABILI SI CHIEDONO QUANDO IL CITTADINO
PER UTILIZZARE IL PROPRIO INGRESSO HA BISOGNO
DI MODIFICARE IL SUOLO PUBBLICO - OVVERO -
IN GENERE IL MARCIAPIEDE.
IN AGGIUNTA VI É CHI "APRE BOCCA E GLI DA FIATO"
ADDIRITTURA SCRIVENDO FESSERIE,
RISPETTANDO IL DETTO INTRODOTTO ALCUNI ANNI FA
CON L'AVVENTO PIÙ DIFFUSO DEI COMPUTER:
"PRIMA DI PARLARE VERIFICARE SE É COLLEGATO IL CERVELLO"
ESEMPIO DI INSENSATA OSSERVAZIONE - FEMMINILE -
ESEMPIO DI MENTI VUOTE
ESEMPIO DI STUPIDITÀ
ED ASSENZA DI CONOSCENZA GIOVANILE
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DOPO 24 ANNI L'UFFICIO TECNICO ERARIALE CHE OGGI
HA PURE CAMBIATO NOME IN AGENZIA DELLE ENTRATE
É VENUTO HA FARE IL SOPRALLUOGO
RICHIESTO IL 5 OTTOBRE 1991 !!!
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IL TESTO É CONSULTABILE PER INTERO IN:
www.grupporicercafotografica.it/GRF2015-3.pdf
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LE MAIUSCOLE "DANNO", LE MINUSCOLE "TOLGONO"
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CH – Cumün da Val Müstair
dellarosa.f@gmail.com
Oggetto: inutile sperpero di denaro per la mobilità pubblica nell’abitato di Amelia (TR).
Alla CORTE DEI CONTI
Via Martiri dei Lager, 77
I-06128 PERUGIA
Con la presente si segnala l’inutile oneroso sperpero di denaro pubblico operato tramite i mezzi di “Umbria Mobilità” che, come già segnalato in data 26 agosto 2004 a 66 indirizzi, continuano a percorrere i vicoli del centro antico di Amelia prevalentemente vuoti a danno della comunità locale accumulando da 20 anni solo debiti a cui siamo costretti a contribuire.
Al riguardo si allega uno stralcio della nota su richiamata rimandando la lettura dell’intera trattazione al sito web www.grupporicercafotografica.it/esposti.htm con oggetto “traffico veicolare nel centro Storico di Amelia …” essendo rimasta la situazione odierna invariata se non peggiorata.
- Strade e traffico
La presenza della sede comunale[9] e dell’ospedale[10] relegati all’interno di un abitato morto e a distanza superiore per gli esterni all’abitato antico a quelle comunemente percorse usualmente a piedi determina quotidianamente un flusso di automobili esterne stimato in circa 6-7.000 mezzi/giorno.
Si tenga presente inoltre:
- La provenienza del personale del comune di n. 114 unità e quello dell’ospedale di n. 129 unità, che per il 93% risiede fuori dell’abitato antico e con ciò introduce circa 220 automobili/giorno. L’utenza dei due servizi per il 90% anch’essa esterna con le conseguenze che si possono immaginare. Lo stesso dicasi per i componenti la pubblica amministrazione che proprio per non essere residenti per la quasi totalità non solo non hanno i mezzi per comprendere la situazione dei residenti ma tendono costantemente in materia di traffico a tutelare esclusivamente i loro comodi.
- A ciò vanno aggiunti i mezzi di soccorso, della nettezza urbana, dei rifornimenti, dell’ufficio postale e di due banche ed alcune chiese e cerimonie e ridicole feste, oltre a moto e motorini, mezzi di cantiere e furgoni e quanto altro occasionalmente può scaturire dalla sempre maggiore dipendenza esterna dell’abitato antico. Argomento a sé è il servizio di pubblico trasporto che transita con una media di ben 49 corse giornaliere (ore 7,35/20,15) all’interno dell’abitato di cui una media di ¾ senza passeggeri!
[9] L’edificio comunale è una struttura rimasta collocata nel punto più interno dell’abitato murato e quindi completamente fuori mano rispetto al nuovo insediamento periferico.
[10] L’ospedale non solo rispecchia le problematiche di posizione dell’edificio comunale ma è anche una struttura destinata a breve ad essere chiusa in base al nuovo Piano Regionale Sanitario. A ciò va aggiunto che lo stesso non possiede nessuna certificazione di prevenzione incendi e che pertanto ai sensi della L. 26.7.1965 n. 966, DPR 29.7.1982 n. 577, DM 16.2.1982, DPR 12.1.1998 n. 37 e DM 4.5.1998 l’attività non può essere tuttora in esercizio! Quindi oltre ai fastidi di traffico è anche pericoloso!
Quanto sopra nella speranza di veder rimosso il problema.
Distinti saluti.
22 ottobre 2012
p. IL GRUPPO RICERCA FOTOGRAFICA
Della Rosa Franco – Piazza G. Marconi, 2
I-05022 Amelia (Terni)
*
DELLA ROSA FRANCO
Piazza G. Marconi, 2-5
I-05022 Ameria (Terni)
Oggetto: rinuncia “passo carrabile” - autorimessa in Piazza G. Marconi, 20.
Al Sindaco del Comune
di Ameria
I-05022 Ameria
e, p.c. Al Comando Stazione
dei Carabinieri di Ameria
Via I Maggio, 96
I-05022 Ameria
A seguito dell’ennesima constatazione di inutilità dell’autorizzazione di passo carrabile n. 19 del 23 giugno 2004, avvenuta questa notte *, lo scrivente rinuncia formalmente a tale provvedimento. Comunica altresì di aver già rimosso il cartello ubicato all’ingresso della propria autorimessa sita in Piazza G. Marconi n. 20.
Lì, 19 settembre 2007.
Franco Della Rosa
* ed anche questa mattina !
Per approfondimenti rimanda al proprio sito web, di cui allega uno stralcio, per consultare trent’anni di danni ricevuti, riassunti in ATTIVITA’, L’ATOMO, ARCHEOLOGIA, ESPOSTI, INTERVENTI etc.
*
Alla stampa quotidiana.
Ogni cittadino pretende di disporre del proprio arbitrio e di usare liberamente il proprio tempo. Non è così nello slargo intitolato a Guglielmo Marconi del centro barbarico di Ameria dove il residente di svariate generazioni, da anni, non ha più il diritto di arrivarci per rientrare in casa!
Possedere poi con sacrificio una autorimessa, che vuol dire togliere dalla strada dei mezzi di trasporto, comporta che all’alba non puoi sapere se andrai al lavoro ed un figlio all’università; a metà giornata se potrai liberamente rientrare in famiglia per il pranzo e la sera se ti sarà consentito di rimettere i propri mezzi. Tutto ciò dopo aver pagato al triplo del valore reale un modesto vano, ciò a causa di un piano regolatore che ha incentivato l’immigrazione metropolitana, e versato in aggiunta la tassa del passo carrabile.
Controlli dei vigili sono uguali a zero. Lenti e laboriosi anche su richiesta e con esito sempre incerto nonostante un divieto di sosta ufficiale di vecchia data, a pochi passi e sufficiente a snellire la situazione, mai fatto rispettare.
Poi viene lo slargo, area lurida senza nemmeno un rudere di segnaletica ma costantemente intasata di autoveicoli ove risiedono solo due famiglie storiche stabilmente e due tre avventizi che variano a ciclo continuo.
Slargo che si allaga nelle giornate di pioggia ricevendo il fosso del duomo, visto che le fogne non funzionano da anni, che prosciugando deposita inizialmente una melma marrone pronta a diventare polverosa, come nelle paludi, prodotto ideale insieme ad altri rifiuti organici mai rimossi per lordare le abitazioni.
Rivolgersi personalmente al comando dei vigili urbani per avere dei parcheggi riservati ai residenti non serve a niente la risposta è: non competente in materia! Parlare con l’assessore al traffico o viabilità è inutile la risposta è: chiedere l’occupazione di suolo pubblico! È bene sapere che per la materia sono due gli assessori, uno per l’interno delle mura e l’altro per l’esterno! Le mura separano i cittadini dal contado. E mi sembra giusto in una metropoli che con le frazioni conta dal censimento del 1951 una comunità di 11.000 anime! Inteso quello per i cittadini la risposta è: abbiamo attivato la zona a traffico limitato. Ovvero è stata rispolverata una soluzione truffa di 15-20 anni fa, studiata già allora a proprio utile, ossia per pubblici amministratori e dipendenti del maledetto comune e ospedale, unici servizi rimasti dopo la deportazione della comunità nell’inutile e illegale periferia. Questa la procedura: quando la mattina sono entrati tutti si può chiudere la porta! D’altronde nemmeno il 2-3% di costoro risiede entro le mura dell’agglomerato morto provocando con ciò la disperazione dei pochi residenti sopravvissuti. È vietato andare a piedi od altro? Riassumendo tale piano consolida il traffico di 7-8.000 veicoli al giorno sotto le finestre di casa che corrisponde al massimo del piacere per l’olfatto e la salute! Questo preposto individuo ci fa pure l’ambientalista!
Comunque la soluzione della problematica è rappresentata dalla demolizione di una delle due entità; la comunità non si può permettere di mantenere due agglomerati. All’amministrazione la scelta.
Il proseguo è nel mio sito internet, per chi sa leggere, a disposizione gratuita da trentasette anni.
8 luglio 2007 Franco Della Rosa
*
Dr.Arch. Franco Della Rosa 20 aprile 2006
Piazza G. Marconi, 2
I-05022 Ameria (Terni)
Oggetto: richiesta pubblicazione precisazioni sull’articolo “Considerazioni sul crollo delle mura ciclopiche ... ”, di Marco Tomassini e Cristian Servi.
al Direttore responsabile
di INGENIUM
Dr. Ing. Carlo Niri
Corso del Popolo, 54
I-05100 TERNI
Gentile Direttore,
chiedo cortesemente, anche in relazione alla cospicua fattiva e piacevole collaborazione avuta negli anni passati con il Suo periodico INGENIUM, di pubblicare il seguente trafiletto ad integrazione dell’articolo citato in oggetto, apparso sul n° 65 di gen-mar 2006:
- Lasciano sbalorditi l’accozzaglia e l’eterogeneità di notizie presentate dai due autori dell’articolo “Considerazioni sul crollo delle mura ciclopiche ... ”, la superficialità di considerazioni esposte e l’errato messaggio trasmesso, compreso quello legato al motivo del crollo delle mura che deriva esclusivamente da mancanza di conoscenza della storia locale evidente nell’incompetenza d’intervento.
Le argomentazioni sono in buona parte carpite dai miei vari studi senza peraltro comprenderne il significato tecnico (“Murature in opera poligonale …” - “Storia-Guida di Ameria …” ecc.), così come l’allegato disegno estrapolato dal suo testo originario e presentato casualmente.
Questo è il modo peggiore di fare informazione, ovvero quello tipico dei “non addetti ai lavori”. -
In attesa di vedere pubblicato nel prossimo numero quanto sopra invio cordiali saluti.
Franco Della Rosa
P.S. da diversi anni non ho più interessi di alcun tipo in zona ma essendo indirettamente chiamato in causa per l’uso scorretto e non autorizzato di miei studi e disegni mi sento in dovere di prendere le distanza da tale modo indegno di utilizzare la fatica altrui.
*
Piazza G. Marconi, 2-5-20
I-05022 Ameria (Terni)
Oggetto: traffico veicolare nel centro storico di Ameria.
Esposto sociale.
Al Sig. Difensore Civico
per il Comune di Ameria
Via della Stazione, 1
I-05100 TERNI
Al Sig. Mediatore Europeo UNICO INTESTATARIO CHE HA RISPOSTO !
1, avenue du Prèsident Robert Schuman
BP 403
F-67001 STRASBOURG CEDEX
Al Sig. Prefetto della Provincia di Terni
Viale della Stazione, 1
I-05100 TERNI
e, p.c.:
Al Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio
Via Cristoforo Colombo, 44
I-00147 ROMA
Al Ministero per i Beni
e le Attività Culturali
Via del Collegio Romano, 27
I-00186 ROMA
Al Ministero dell’Interno
Piazzale del Viminale, 1
I-00184 Roma
Al Ministero della Salute
Piazzale dell’Industria, 20
I-00144 Roma
Al Consiglio Regionale dell’Umbria
Piazza Italia, 2
I-06125 Perugia
Alla Giunta Regionale dell’Umbria
Corso Vannucci, 96
I-06121 Perugia
Alla Corte dei Conti
Sezione regionale di controllo dell’Umbria
Via Martiri dei Lager, 77
I-06128 Perugia
I-20093 Cologno Monzese (Mi)
A RETE CAPRI
Via Li Campi, 19
I-80073 Capri (Na)
A RADIO RADICALE
Via Principe Amedeo, 2
I-00185 Roma
A RADIO DIMENSIONE SUONO
Viale Mazzini, 119
I-00195 Roma
A RADIO DEJAY
Via Massena, 2
I-20145 Milano
A RTL 102 HIT RADIO
Via Piemonte, 61/63
I-20093 Cologno Monzese (Mi)
A RADIO MARIA
Via Turati, 7
I-22036 Erba (Co)
A EUROPA TV S.p.a.
Via Piranesi, 46
I-20137 Milano
Alla RAISAT S.p.a.
Borgo Sant’Angelo, 23
I-00193 Roma
A RETESOLE S.p.a.
Via della Concordia, 56
I-06124 Perugia
A SKY ITALIA s.r.l.
Via Salaria, 1021
I-00138 Roma
A TVR VOXSON S.p.a.
Via Archimede, 98
I-00197 Roma
All’ANSA
Piazza Cavour, 2
I-20121 Milano
Al CORRIERE DELLA SERA
Via Solferino, 28
I-20121 Milano
Al CORRIERE DELL’UMBRIA
Via Pievaiola Km. 5,700
I-06132 Perugia
A IL GIORNALE DELL’UMBRIA UNICO QUOTIDIANO CHE HA INFORMATO !
Via Monteneri, 37
I-06100 Perugia
A ITALIA OGGI
Via M. Burigozzo, 5
I-20122 Milano
A IL FOGLIO
Largo Corsia dei Servi, 3
I-20122 Milano
A IL GIORNALE
Via G. Negri, 4
I-20123 Milano
A IL MANIFESTO
Via Tomacelli, 146
I-00146 Roma
A IL MESSAGGERO
Via del Tritone, 152
I-00187 Roma
A IL POPOLO
Via del Gesù, 62
I-00186 Roma
A IL RESTO DEL CARLINO
Via Enrico Mattei, 106
I-40138 Bologna
A IL SOLE 24 ORE
Via Paolo Lomazzo, 52
I-20154 Milano
A IL TEMPO
Piazza Colonna, 366
I-00187 Roma
A LA NAZIONE
Via F. Paolieri, 2
I-50121 Firenze
A LA PADANIA – NORD MITTELEUROPA
Via Bellerio, 41
I-20161 Milano
A LA REPUBBLICA
Piazza Indipendenza, 11/B
I-00185 Roma
A LA STAMPA
Via Carlo Marenco, 32
I-10126 Torino
A L’UNITÀ
Via dei Due Macelli, 23/13
I-00187 Roma
A CHI
Via Arnoldo Mondadori
I-20090 Segrate (Mi)
A CITTADINANZA ATTIVA
Via Pompeo Magno, 10/b
I-00192 Roma
A FAMIGLIA CRISTIANA
Via Giotto, 36
I-20145 Milano
A GENTE
Viale Sarca, 235
I-20126 Milano
A IL BORGHESE
Via Principe Tommaso, 30
I-10125 Torino
A LA VOCE
Piazza IV Novembre, 6
I-06123 Perugia
A L’ESPRESSO
Via Po, 12
I-00198 Roma
A PANORAMA
I-20090 Segrate (Mi)
A PORTAPORTESE
Via di Porta Maggiore, 95
I-00185 Roma
A STOP
Piazza Aspromonte, 13
I-20121 Milano
A ITALIA NOSTRA
Via Nicolò Porpora, 22
I-00198 Roma
Al NOTIZIARIO USPI
Via Battista Bardanzellu, 95
I-00155 Roma
A QUI TOURING
Corso Italia, 10
I-20122 Milano
A RISPARMIO ENERGETICO
Lungotevere Thaon di Revel, 76
I- 00196 Roma
Questo esposto è presentato da Franco Della Rosa per sé e
in rappresentanza della sua famiglia costituita da sei componenti al fine di
veder ripristinato il proprio ambiente di vita e di lavoro.
LO STATO DI FATTO
L’intero comune di Ameria detiene, costantemente, da sessant’anni un saldo demografico oscillante intorno allo zero % con una popolazione prossima agli 11.000 abitanti.
Sino a trenta anni fa l’intera popolazione risiedeva all’interno dei centri murati e nella campagna.
Oggi l’abitato storico ospita appena circa 700 famiglie pari a poco più di 1/3 della popolazione precedentemente insediata.
- Viabilità
L’abitato storico di Ameria, cinto da mura, possiede quattro varchi di cui uno pedonale (Porta della Valle), due carrabili (Porta Romana e Porta Leone IV) ed uno recentemente reso carrabile (Porta Posterola)[1].
L’abitato storico ha forma ovoidale tagliato longitudinalmente in due parti dal percorso principale d’intero attraversamento rappresentato da Via della Repubblica e Via Garibaldi che inizia a Porta Romana (Sud-Nord) e toccando: “Croce di Borgo”, Piazza della Catena e Piazza Marconi termina in Piazza Matteotti sede del Comune e retrostante Ospedale. Ad Ovest vi è, Via Farrattini, collegamento tra Porta Romana e Piazza della Catena. Ad Est, un altro percorso interno alle mura, alternativo, è rappresentato da Via Leone IV, Via Assettati e Via Cavour che unisce Porta Leone IV a Piazza Matteotti toccando “Croce di Borgo”. Ancora ad Est, radente esternamente le mura, il nuovo percorso che unisce Porta Leone IV e Porta Posterola da cui si raggiunge con ripida salita[2] Piazza Matteotti.
- Urbanistica
Con l’avvento del Piano Regolatore Generale[3], nel 1972, 32 anni fa, è iniziato lo sconvolgimento di una equilibrata realtà territoriale sopravvissuta pacatamente per 32 secoli[4].
La pianificazione urbanistica ha di fatto determinato lo spopolamento dell’abitato storico e della campagna relegandole al ruolo di seconde e terze case[5], la chiusura/trasferimento delle attività artigianali/commerciali conservando all’interno delle mura, tra i servizi maggiormente utilizzati, soltanto la sede comunale e l’ospedale. In pratica l’informe periferia[6] è oggi abitata dalla ex popolazione della città storica e da quella rurale integrata dal movimento migratorio mentre la città storica ed il territorio è passato in buona parte in proprietà a fantasma acquirenti forestieri.
Da quanto evidenziato è già facile comprendere il livello di invivibilità di questo centro ridotto a sgabello del nuovo assetto urbanistico e la costrizione per i pochi residenti all’utilizzo dei mezzi di trasporto per l’espletamento delle più comuni necessità quotidiane[7].
Meno abitanti entro le mura più mezzi di trasporto in circolazione, più strade, più parcheggi, più problemi e sperpero di denaro pubblico[8].
- Strade e traffico
La presenza della sede comunale[9] e dell’ospedale[10] relegati all’interno di un abitato morto e a distanza superiore per gli esterni all’abitato antico a quelle comunemente percorse usualmente a piedi determina quotidianamente un flusso di automobili esterne stimato in circa 6-7.000 mezzi/giorno.
Si tenga presente inoltre:
- La provenienza del personale del comune di n. 114 unità e quello dell’ospedale di n. 129 unità, che per il 93% risiede fuori dell’abitato antico e con ciò introduce circa 220 automobili/giorno. L’utenza dei due servizi per il 90% anch’essa esterna con le conseguenze che si possono immaginare. Lo stesso dicasi per i componenti la pubblica amministrazione che proprio per non essere residenti per la quasi totalità non solo non hanno i mezzi per comprendere la situazione dei residenti ma tendono costantemente in materia di traffico a tutelare esclusivamente i loro comodi.
- A ciò vanno aggiunti i mezzi di soccorso, della nettezza urbana, dei rifornimenti, dell’ufficio postale e di due banche ed alcune chiese e cerimonie e ridicole feste, oltre a moto e motorini, mezzi di cantiere e furgoni e quanto altro occasionalmente può scaturire dalla sempre maggiore dipendenza esterna dell’abitato antico. Argomento a sé è il servizio di pubblico trasporto che transita con una media di ben 49 corse giornaliere (ore 7,35/20,15) all’interno dell’abitato di cui una media di ¾ senza passeggeri!
- La viabilità interna dell’abitato, d’impostazione medievale, oltre a salite e discese anche ripide, contempla tratti con carreggiata da condividere con i pedoni (normalmente residenti e anziani) con larghezza spesso prossima ai 2,50 metri ed altezze dei fabbricati prospettanti superiori ai 15 metri! Non occorre commentare il livello di qualità dell’aria che i pedoni sono costretti a respirare o quello di vita quotidiana che per sopravvivere, obbliga a tapparsi in casa!
- Il dissesto della sede viaria e la sporcizia incrementano in forma esponenziale rumore e polvere destinati a residenti e pedoni!
- L’assenza di funzionamento di cunette e caditoie stradali nelle giornate di pioggia in presenza o meno di traffico, abbinato alla perdita di grondaie e calatoi, non consentono più da anni il transito pedonale o lo lasciano a proprio rischio. Puntualmente dalle parti alte della città scendono fiumi d’acqua che riempiono le buche e allagano cunette strade e Piazza Marconi!
- Aspetto non secondario è rappresentato dal rombo prodotto dai mezzi in transito costretto a rimbalzare tra le alte pareti delle abitazioni e le strette vie producendo vibrazioni alle finestre e frastuono negli alloggi con un intervallo medio, nelle ore di punta, di 10-20 secondi da un mezzo all’altro e relativo sollevamento di polveri che non consentono più nemmeno il ricambio di aria necessario nelle giornate ordinarie, rifiuti e schizzi d’acqua putrida nelle giornate di pioggia!
Considerato quindi:
- che ogni soluzione proposta negli ultimi decenni dall’amministrazione comunale non è mai stata rivolta alla riduzione del traffico, a riservare il transito ai soli residenti, ma è stata una presa in giro per raggirare il problema[11] puntando annualmente sull’ingresso a rotazione tra le varie porte carrabili e su nuove strade e parcheggi per incrementarlo garantendo così sempre il transito a se stessi;
- che per percorrenze di 100/150 metri (ad esempio: Piazza san Francesco/Boccarini, da Porta Romana), ove sono naturalmente abitazioni e sopravvissuti uffici e servizi pubblici si vuole costringere i residenti con la semplice chiusura di Porta Leone IV, con la scusa di lavori edili ed artifizi vari[12], a percorrere 1,5 Km. (2 Km. per il parcheggio di Via Farrattini!) Con:
- maggiore inquinamento,
- maggiore consumo
- maggiore costo
- maggiore rumore
- maggiore disturbo
- maggiore tempo
- maggiore pericolo
- ecc.
- che non sono nemmeno segnalati i numerosi spazi occupati a parcheggio tanto che ogni angolo è intasato da chi che sia con mezzi di ogni provenienza;
- che lo spopolamento della città murata ha determinato, oltre alla morte della vita sociale, soltanto incremento di traffico, tanto che:
- meno residenti = più traffico
- più residenti[13] = meno traffico;
- che non si intende voler coniugare il binomio
- minore traffico = maggiore salute
- minore traffico = meno strade
- minore traffico = migliori strade
- minore traffico = meno parcheggi e più verde[14]
- minore traffico = più silenzio
- minore traffico = più vita sociale
- minore traffico = più strade libere
- minore traffico = piazze libere
- minore traffico = spazio per bambini
- ecc.
Lo scrivente presenta il seguente
ESPOSTO SOCIALE
Per quanto avanti riassunto si chiede alle SS.LL. di attivare ogni possibile procedura, compreso i poteri sostitutivi, nei confronti della pubblica amministrazione di Ameria al fine di intervenire tempestivamente in modo positivo su tale situazione divenuta da anni sempre più insostenibile allo scopo di garantire la libertà di vivere nel proprio originario ambiente e restituire rispetto e dignità agli stessi abitanti residenti che da soli sostengono questa ossessiva situazione di assurdo traffico veicolare ed il conseguente gravoso peso del degrado sociale e ambientale provocato negli ultimi 32 anni dal Piano Regolatore Generale.
Chiede:
per risolvere il vero problema di questo abitato antico rappresentato dall’assurdo numero dei mezzi di trasporto introdotti in transito e non dal luogo comune dalla sua conformazione urbanistica;
- un intervento d’ufficio regolatore di tale insostenibile situazione degenerata attivando con un sistema di controllo tipo “Telepass” dei caselli autostradali, di costo irrisorio, tramite l’usuale ingresso di Porta Romana[15] da destinare ai residenti, senza bisogno d’impiego dei Vigili Urbani[16], ricavando così immediatamente la riduzione dei 7/10 del traffico attuale;
- di dirottare il flusso dei non residenti nell’utilizzo del servizio pubblico[17] che con ciò può ridurre il costo e passare da Euro 0,80/corsa a Euro 0,10/corsa con l’uso completo dei mezzi ed essere veramente utile[18];
- di demolire la nuova via esterna a Porta Posterola restituendo ai residenti un luogo tradizionalmente di silenzio e di tranquillità persa insieme a una pineta notoriamente vissuta per svago e passeggiate.
Con osservanza.
Stilfs lì, 26 agosto 2004.
Franco Della Rosa[19]
[1] Tutti i varchi sono naturalmente anche pedonali.
[2] La salita di Via Posterola è un tracciato con pendenza superiore al 20%, notoriamente impraticabile anche prima della nuova strada in caso di pioggia ghiaccio o neve, cosa non infrequente.
[3] Va annotato che il PRG di Ameria è uno strumento completamente illegale in quanto in contrasto con il disposto della Legge urbanistica nazionale la n. 1150/1942 e successive modificazioni, che prevede la dotazione minima di 100 mc./abitante poi incrementata a 150 mc./abitante, parametri tuttora di riferimento nella redazione dei Piani Regolatori.
Quanto sopra per l’assenza nel computo delle previsioni urbanistiche del calcolo dei volumi esistenti rappresentati dalle abitazioni urbane e di quelle rurali, nonché per la previsione di incremento demografico stabilito di 30.000 abitanti, incremento smentito già alla prima scadenza di verifica decennale del Piano, ciò evidenzia la scellerata procedura iniziale e tutte le successive varianti non solo di “conferma” ma addirittura di vari incrementi.
[4] Si può affermare, per constatazione, che in 32 anni (dal primo PRG ad oggi) sono stati cancellati 32 secoli (dalla fondazione dell’abitato ad oggi) di civiltà.
[5] Lo stesso dicasi per le sei Frazioni.
[6] La superficie occupata dalla periferia è diventata pari a circa 9 volte quella dell’abitato storico che è di Ha. 24,96, senza alcun incremento di popolazione negli ultimi sessanta anni!.
[7] A prima vista può apparire strano ma a più residenti insediati entro le mura corrisponde minor traffico. Infatti l’incremento di residenti comporta la riapertura delle attività commerciali e artigianali e dei servizi riducendo drasticamente le percorrenze, quindi riducendo il traffico.
[8] Recentemente è stata costruita una nuova inutile strada giustificata al solo scopo di evitare serie decisioni, aumentando ulteriormente il traffico con abbondante sperpero di pubblico denaro.
[9] L’edificio comunale è una struttura rimasta collocata nel punto più interno dell’abitato murato e quindi completamente fuori mano rispetto al nuovo insediamento periferico.
[10] L’ospedale non solo rispecchia le problematiche di posizione dell’edificio comunale ma è anche una struttura destinata a breve ad essere chiusa in base al nuovo Piano Regionale Sanitario. A ciò va aggiunto che lo stesso non possiede nessuna certificazione di prevenzione incendi e che pertanto ai sensi della L. 26.7.1965 n. 966, DPR 29.7.1982 n. 577, DM 16.2.1982, DPR 12.1.1998 n. 37 e DM 4.5.1998 l’attività non può essere tenuta in esercizio! Quindi oltre ai fastidi di traffico è anche pericoloso!
[11] La soluzione più appariscente fu quella (forse in teoria ancora in vigore) di dotare i residenti (e non solo) di un bollo rosso o blu prevedendo, tra l’altro, il libero transito a tutti sino alle ore 9,00 e dopo le ore 12,00 oltre ad altre ridicole fasce orarie pomeridiane. Orari che consentivano (e consentono?) a tutto il personale del comune e dell’ospedale di intasare l’abitato!
[12] Consistenti nell’ingresso a rotazione fra le porte o giochi “interni” nel senso di marcia delle auto. Soluzioni legate all’errata pianificazione urbanistica moderna!
[13] L’obiettivo può essere raggiunto, visto il saldo zero del movimento demografico, soltanto abbandonando la periferia.
[14] Con ciò è possibile eliminare inutili parcheggi e ripristinare gli orti come in Via Posterla o restituire le piazze ai cittadini come in Piazza Matteotti, Marconi e Mazzini.
[15] Porta Romana è stata aperta 2.000 anni fa interrompendo le mura poligonale più antiche di 3-4 secoli per motivi di razionalità, tale ingresso è tuttora razionale per i residenti dell’abitato antico!
[16] Normalmente i Vigili Urbani già non sono utilizzati stabilmente all’interno dell’abitato antico.
[17] I non residenti possono anche:
- acquistare immobili nell’abitato antico;
- affittare immobili nell’abitato antico;
- andare a piedi come i residenti (molti dei quali anziani).
[18] Eliminando nel contempo il passivo accumulato.
*
Alla Direzione di INGENIUM
c/o L’ORDINE DEGLI INGEGNERI
DELLA PROVINCIA DI TERNI
Corso del Popolo, 52
I-05100 TERNI
Nello spirito che ha sempre contraddistinto il nostro rapporto di collaborazione editoriale gradirei la pubblicazione nel prossimo numero di INGENIUM di un sunto della presente nota in relazione all’articolo “Germanico è tornato” nel quale sono state inserite, sicuramente nella Vostra completa buona fede, cinque immagini (n.2-3-4-6-7 che con estrema correttezza e precisione ingegneristica mi risultano attribuite in terza pagina) tratte dalla mia pubblicazione “Restauro e accessibilità delle cisterne romane e di Piazza G. Matteotti”- 1996, utilizzo che non avrei autorizzato. Ciò in relazione alla repellenza e al disgusto irreversibile che ho da diversi anni nei confronti del mio imbarbarito paese.
Colgo l’occasione per inviare due recenti studi in ambito locale: «Architettura rurale a Narni – caratteri e funzioni» e «Opere di restauro dell’Ospedale Anglicano di Arrone, dell’Ospedale degli Infermi di Narni e della “Croce Rossa” al vocabolo Trevi di Terni» per i quali, se volete, è gradita una sintetica recensione.
Come potete vedere dall’indirizzo mi sono dotato recentemente di un sito internet che raccoglie notizie su circa trenta anni di attività di volontariato del Gruppo Ricerca Fotografica in campo culturale, sito consultabile gratuitamente.
Nella previsione futura di trovare una nuova occasione per un nuovo articolo esterno i miei complimenti per la Rivista ed invio cordiali saluti.
*
UN ESERCITO DI MALE EDUCATI
lettera al Ministro per i Beni
e le Attività Culturali
Giovanna Melandri
Dalla giovinezza, molto prima della discussione della mia tesi di laurea in urbanistica riguardante il Piano Regolatore del Comune di Ameria, relazionata dal Prof. Mario Coppa presso l’Università di Roma nel febbraio del ‘79, la mia attenzione era rivolta alla qualità e quantità del patrimonio architettonico ricevuto in “eredità” che ho sempre ritenuto importante e che, nella sua unitarietà storica e di valori affettivi, avrei voluto veder conservato in vita e trasferito integro alle generazioni future.
Durante l’estensione il prof. Coppa ripose molto interesse alla proposta di una tesi sul PRG di Ameria basata sull’inventario del patrimonio edilizio rurale, tanto che di ciò parlava frequentemente durante le lezioni all’Università. Spronato da questo apprezzamento accettai di dedicare tutto il mio tempo allora disponibile al censimento di questa risorsa sconosciuta anche all’I.S.T.A.T. e a schedarla sia numericamente che qualitativamente al pari dell’edilizia abitativa urbana considerandola per quello che era: residenza d’esseri umani, cultura, ricchezza ed economia della nostra storia!
Questo materiale dopo la tesi fu donato in copia all’Amministrazione Comunale ma finì in un cassetto, non solo dimenticato nonostante la grande fatica, ma addirittura scomodo e in contrasto con gli interessi degli Amministratori costruttori.
Nei 30 anni di attuazione del PRG ufficiale, si è constatato che un Comune di circa 11.000 abitanti come Ameria, con popolazione stabile da mezzo secolo, al di fuori di ogni direttiva di legge e senza tenere conto delle disponibilità edilizie storiche, è riuscito ad edificare a macchia d’olio una ingarbugliata e soffocante periferia a ridosso del capoluogo e di ogni frazione occupando una superficie pari a circa sei volte quella preesistente con relativo dispendio di risorse, costi aggiuntivi enormi e deturpamento del paesaggio.
Oltre alle grandi conseguenze negative che si riscontrano nella realtà urbana contemporanea: centri storici disabitati così come è dell’edilizia rurale, morte delle attività artigianali e commerciali tipiche, azzeramento dei rapporti sociali. Di pari entità è la perdita dell’identità locale con l’invasione, economicamente degenerata, di seconde, terze, quarte case di metropolitani immigrati fantasma.
Questa lunga ma sintetica premessa ha un solo fine, quello di richiamarsi al Suo articolo apparso su “L’Architetto” n. 139/sett.’99 – pp. 14-15, e alla Sua nota di risposta alla lettera del Sig. Giorgio Quadraccia di Ameria del 26 maggio 1999.
Encomiabile trovo la Sua iniziativa legislativa volta a ricucire lo sfascio nazionale nel campo della cultura architettonica ed urbanistica, ma per raggiungere qualunque obiettivo occorre aver pronto un esercito di addetti ai lavori, specialmente sensibili, onesti e capaci.
I buoni propositi non possono certo mancare in una nuova normativa che prendendo atto di “necessità” vuole di conseguenza, in qualche modo, ricercare una soluzione.
Purtroppo gli interlocutori, nella fattispecie i tecnici, non sono le figure più preparate a recepire i buoni propositi. Questo perché le varie Scuole o Facoltà non preparano alla qualità e correttezza della professione, ma alla quantità e all’arroganza. Testimonianza di ciò, a livello nazionale, si riscontra nel prodotto edilizio-urbanistico degli ultimi quarant’anni, un capitolo a parte richiederebbe il campo della manutenzione-restauro-recupero-ampliamento-ristrutturazione-consolidamento-risanamento ove la cancellazione della «comune storia materializzata» viene operata sistematicamente su manufatti oggetto di ogni singolo lavoro ogni giorno in assenza di amore e conoscenza dei luoghi, soltanto per ignoranza!
Attualmente il metro di valutazione di tale realtà è offuscato dall’assuefazione al degrado e dall’accettare passivamente i brandelli del passato che in modo sempre più sporadico emergono qua e là nelle nostre città e nel territorio, come presenze estranee.
Questo modo di valutare e di operare purtroppo resterà immodificato e si consoliderà finché un nuovo modo di vedere questa realtà non porterà a proibire, con legge quadro, la nuova inutile edificazione urbana, verrà obbligato l’uso dell’immenso patrimonio esistente abbandonato e cancellato quello inutile, vergognoso, recentemente prodotto consentendo alla popolazione di riappropriarsi del proprio spazio storico e sociale.
Certo è che anche le migrazioni interne hanno concorso a tale fenomeno e che incentivarne l’inversione non può che essere utile a tutti così come un programma di ridimensionamento degli aggregati urbani.
In questo quadro, sicuramente da Lei considerato una mia visione pessimistica della realtà, non può che fare seguito un semplice sopralluogo di riscontro, per questo La invito ad una visita, in questa zona ampiamente rappresentativa di tale immagine, zona che sino a pochi anni fa amavo come cittadino e addetto ai lavori e che oggi rifuggo.
È una controtendenza rispetto a chi, architetto, si ritiene in possesso di titoli, genialità e potere illimitati nel gestire l’edificato storico e presente. Adottata da me non per moda o polemicismo a priori, ma per consapevolezza maturata e che non mi ha certo procurato facili guadagni, né simpatie nel settore edilizio, politico e sociale.
Per ottenere risultati da una legge occorre che questa si rivolga ad interlocutori che comprendano (tecnici profondamente conoscitori e amanti del proprio territorio – tecnici e ditte tassativamente locali – con curriculum locali fondati sulla qualità del proprio lavoro, dalla piccola alla grande opera – ecc.), diversamente i buoni propositi, materializzati nello “scritto” di legge, saranno come sempre solo parole al vento.
* Il prof. Coppa è stato per lunghi anni l’esponente “numero due” (dopo il prof. Giovanni Astengo) a livello nazionale nel campo dell’urbanistica. Da vari anni si era trasferito a Spello (Pg) dove recentemente è morto,
* Il censimento (consultabile) riguardò 1.162 fabbricati considerati in zona rurale dal Piano Regolatore dell’intero Comune di Ameria, attraverso una scheda di circa 40 voci di rilievo, oltre ad una foto significativa dell’immobile e note. Tutto ciò comportò, con mezzi propri, un impegno di circa 5 mesi dal giugno all’ottobre 1978. A questo si aggiunse il tempo per la stampa manuale delle foto e l’elaborazione dei dati e delle relative carte tematiche. Di questo patrimonio oggi, a vent’anni di distanza, è sopravvissuto meno del 50%, il rimanente è stato brutalmente manomesso. Il lavoro servì allora per avere semplicemente un dato da prendere in considerazione nella proposta di tesi di laurea su un possibile Piano Regolatore Comunale di Ameria.
Pari schedatura (consultabile) fu eseguita dallo scrivente successivamente per l’intero Comune di Otricoli, per parte di Gallese e Magliano Sabina in occasione della redazione di un primo Progetto per il Parco Archeologico di Otricoli nell’ambito delle attività congiunte tra Comprensorio Urbanistico n. 11 della Regione Umbria – Soprintendenza BB.AA. – Comuni consorziati – Provincia – Università.
* Se una legge per forza dovrà essere formulata sull’argomento credo sia meglio tralasciare i consuetudinari riferimenti di adeguamento alla realtà normativa europea. In Europa, specie al nord, per tradizione la cultura e l’attaccamento alla propria storia sono molto più radicate ed evidenti ed in certa misura più unite in continuum con il passato, da noi continua ad essere solo teoria.
Ameria, 7 novembre 1999.
Arch. Della Rosa Franco
*
Il rifiuto dell’oro nazionale:
AMBIENTE
&
BENI CULTURALI.
Una risorsa per la rinascita civile ed economica
incompresa nell’intera nazione.
Il rifiuto della ricchezza nazionale rappresentata dal binomio “Ambiente & Beni Culturali”, avvenuto ad iniziare dal primo dopoguerra, è da registrare per la storia d’Italia quale evento più nefasto degli ultimi tre millenni della nostra storia sociale. Degli insediamenti italici, romani, tardoantichi, medioevali, romanici, gotici, rinascimentali, barocchi, neoclassici e preindustriali, non conserviamo l’unicità originaria ma variopinte forme di amalgame che, ove non alterate in epoca recente, nella uniformità dei materiali costruttivi, nelle “coloriture”, nella razionalità e funzionalità dell’assetto urbano (PERFETTO ANCHE OGGI!), stupiscono ed attraggono chiunque per l’umanità e il buon senso effuso nel materializzare le necessità di chi le ha plasmate e utilizzate. Non è l’automobile o le esigenze di altri standard di vita che hanno dato forma agli insediamenti contemporanei, ma l’incapacità e la frettolosità nella programmazione contemporanea e l’abbandono dell’interesse pubblico.
Il trascinamento del popolo italiano verso l’americanizzazione dei costumi, iniziato col primo dopoguerra e consolidatosi con lo sviluppo economico degli anni sessanta, seppur vistosamente contestato dai giovani dell’epoca, ha portato inesorabilmente a consolidare un nuovo modo di vivere basato sulla produzione di beni sempre più insignificanti destinati esclusivamente ad un consumo di abitudine.
Nel campo dei Beni Culturali illusori e fumosi programmi politici di tutela della propria storia sociale, per intendersi quella “Storia” scampata al devastante conflitto mondiale, è stata ed è oggi legalmente oggetto di costante sistematica eliminazione.
Si guardi tra la marea di danni prodotti in questo mezzo secolo di trasformazione sociale, per alcuni aspetti anche positiva, ai cosiddetti “confini persi” rappresentati dalle antiche cerchie di mura delle città storiche (oltre il 95% degli abitati italiani) soffocati il più delle volte da inutili e vergognose periferie urbane. Si osservi la cementificazione a tappeto del territorio, l’alterazione e la violenza riservata al patrimonio ambientale, la storpiatura di quello architettonico sull’intera nazione, la presunzione di voler lasciare il segno del nostro tempo: segno tremolante di chi non sa quale strada prendere, strada ben decisa soltanto nell’orientamento della ridicola ed estensiva speculazione economica di parte.
Ogni regione ha le sue punte di rilievo.
C’è chi restaura ed apre al pubblico gli edifici “storici” con i brandelli del loro arredo, come nella capitale, dimenticando che si tratta di mosche bianche e zoppe in un perpetuo mega marasma urbano.
Chi pubblicizza assillantemente il proprio territorio con ogni mezzo, per ingordigia, e si ritrova soffocato dall’eccesso di turismo, come in Alto-Adige, in Valle d’Aosta, in varie città d’ “arte” o litorali d’Italia oggi più in voga.
Chi pretende di rivalutare un abitato mostrando un reperto del passato (il contenuto) dimenticando nel contempo di avere la città abbandonata (il contenitore). Ignorando il proprio paese per 364 giorni l’anno e prendendolo poi d’assalto in quello di fantomatiche ed estemporanee rievocazioni storiche.
Un comportamento inconsulto tipico di una generazione drogata dall’assenza di un fine, di una sana meta, come ad esempio la ricostruzione dei rapporti sociali.
A tutto ciò concorre l’assurda e primitiva impostazione della gestione della “cosa pubblica”.
Aldilà del nucleo familiare che oggi, più che in passato, merita d’essere guidato con il principio attualissimo del “buon padre di famiglia”- criterio defunto nella ridicola corsa per arraffare di ogni cosa sempre di più - sopravvive una macchinosa e insensata gara, con tanto di traguardo e “vittoria”, per amministrare lo “spazio” sociale.
Alle soglie del duemila, nonostante molti passi in avanti sono stati fatti sul piano dell’uguaglianza umana, sopravvive ancora una forma di gestione pubblica basata sulla competizione (che ha un solo fine: l’interesse di parte), sulle ideologie legate sino a pochissimi anni fa alle tendenze est / ovest, socialismo / capitalismo, sinistra / destra, oggi inghiottite nell’economia cosiddetta globale che nulla hanno a vedere con le esigenze locali della popolazione.
Sembra proprio che la storia non insegni nulla e che i cicli e ricicli storici debbano restare una abitudine di ogni epoca. L’esempio dell’età comunale, oggi rispolverato in forma irreale e in falsa copia nell’aspetto esteriore, protrattasi ad intervalli quasi a tutto il rinascimento, con cariche amministrative retribuite di breve e di brevissima durata (sei mesi! Per evitare l’interesse privato), o meglio cariche ad amministrativi di professione (seppur con appellativi altisonanti quali: podestà, governatore, etc.) era conferito normalmente quale compito per gestire la “cosa pubblica”. Una abitudine che d’elezione popolare diretta merita d’essere riesumata, per utile di tutti, almeno tra le comunità cittadine di media entità. La procedura è indirettamente consolidata nella maggior parte dei piccoli comuni Altoatesini ove la popolazione a stragrande maggioranza, da vari anni, delega ad una sola lista di cittadini la propria fiducia nella amministrazione della cosa pubblica. Oltre ad auspicare una lista unica la materia può trovare applicazione formando un apparato snello, appositamente impostato, selezionando per pubblico concorso, per dimostrata capacità e onestà, personale qualificato atto a garantire la gestione di ciò che alla comunità necessità oltre la sfera del privato.
Inconsulto risulta il comportamento verso la risorsa terrestre o meglio verso il “paradiso terrestre”, perché così è se si hanno le capacità di guardare e di valutare. Oggi ridotto a pattumiera o come affermano le associazioni ambientaliste (raggruppamenti che dovrebbero scomparire perché apprezzare l’ambiente non può essere un passatempo di pochi ma un obbligo di tutti) «fonte di rapina di ogni risorsa», ove in larga misura non è più consentito respirare l’aria, bere l’acqua o ammirare il paesaggio.
Nel breve escursus sovraesposto è ben chiaro l’intento di stimolare una forma diversa di gestione del “pubblico” che può garantire l’interesse comune e quindi l’utilizzo cosciente di una risorsa sempre meno illimitata quale è non solo quella terrestre ma anche quella ricevuta in eredità dai nostri avi: la nostra storia materializzata.
Franco Della Rosa
Ameria, 26 marzo 1999
*
sul “1° CONGRESSO INTERREGIONALE DEGLI ORDINI DEGLI ARCHITETTI DELL’ITALIA CENTRALE”
RIETI – TEATRO FLAVIO, 18 e 19 dicembre 1998
(Commissione Tutela dell’Antico)
Non essendo avvezzo a frequentare congressi, convegni, seminari, dibattiti, tavole rotonde, simposi, incontri ma abituato ad occupare il tempo a studiare riflettere e scrivere sulla Storia, sul Territorio, sui brandelli residui del Costume della nostra popolazione autoctona, operando in trincea in continuum con il nostro passato, per le mie abitudini professionali trovo il documento di quattro pagine diffuso dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Terni con prot.15083 del 21 12.1998, e tema: l’Architettura tra tutela e trasformazione, un atto quanto meno anacronistico e nei miei confronti di cattivo gusto in relazione alla scadente attività professionale dell’architetto d’oggi.
Nel documento - TUTELA DELL’ANTICO - è detto che «È necessario superare l’attuale situazione vincolistica per giungere ad una tutela attiva trasformando il bene culturale da “oggetto passivo” a “soggetto partecipe” dello sviluppo sostenibile del territorio attraverso la conoscenza, la valutazione, la prevenzione e la previsione intesa come capacità di sostenere l’azione nel tempo» … ecc.
Su questo aspetto ricco di tanti propositi, o come ama dire D’Alema di auspici, va subito precisato che i vincoli (in particolare espressi nelle Leggi n.1089-1497/’39 e 431/’85) esistono perché manca una cultura diffusa nell’apprezzamento del bene comune, come l’ambiente, l’insediamento storico, il costume locale, e tutto ciò per l’immensa ignoranza che caratterizza la cultura dell’architetto che dovrebbe essere il primo addetto ai lavori in questa materia, aspetto completato dalla pressocché totale connivenza con la gestione politica della programmazione urbanistica ed edilizia riscontrabile nei risultati che ognuno può vedere (si guardi Palazzo Spada o Piazza Clai a Terni, la Rocca di Narni, l’ex pastificio Federici e tutti gli ex conventi in Ameria e gli altri milioni d’interventi distribuiti in ogni dove a livello comunale, provinciale, regionale e nazionale).
Dei vincoli lo scrivente non ha mai sentito il peso in quanto ha sempre operato in sintonia con le peculiarità del patrimonio storico e nel rispetto di chi artigianalmente lo ha prodotto, evitando tale peso anche nel momento di riutilizzare le risorse storico-architettoniche del passato da destinare all’uso contemporaneo. Tutto ciò per un innato piacere nel rispettare quanto ci è stato temporaneamente donato, canalizzando le più disparate commissioni sempre allo stesso fine.
Il mio lavoro di architetto, svolto da venti anni con estremo piacere, si limita pertanto a mantenere con l’edilizia storica, anche negli interventi di ristrutturazione e razionalizzazzione degli spazi, un rapporto di continuità con il preesistente e a ricostruire, ove possibile, quella storia architettonica e sociale in continuum con le tradizioni locali senza negarle i caratteri che la contraddistinguono, aspetti che la maggior parte dei “colleghi” quotidianamente e con estrema superficialità ama cancellare in nome di un disparato “segno”.
Pertanto il criterio della “qualità intesa come valore aggiunto” può scaturire solo dalla costante autoistruzione che si ricava lavorando costantemente e in particolare nel proprio ambiente, operando per vocazione, aspetto che può maturare solo dallo studio approfondito e serio del passato e dalla presa d’atto degli immani danni operati nel presente, tutto ciò per poter assicurare un futuro al residuo patrimonio storico, essendo il principale contenitore della nostra vita quotidiana e di chi ci ha preceduto, già ampiamente avvilito dalle mani dei cosidetti “tecnici”, in particolare da chi si arroga la specifica competenza, ossia gli “architetti”.
Per il documento - FORMAZIONE E COMPETENZE - è sufficiente precisare che queste si ottengono soltanto attraverso un adeguato tirocinio al seguito di coloro che hanno reali capacità, ben esternate, secondo i criteri di base in precedenza evidenziati.
Purtroppo invece le prestazioni professionali, sia riferite a veterani del mestiere che a novelli iscritti, risultano esclusivamente affidate, sia nel pubblico che nel privato, sulla scorta di tessere di partito o favoritismi di parte, basti vedere l’attuale deleterio sovraccarico di incarichi ricevuti da alcuni studi nella ricostruzione post-terremoto in Umbria! Lo scrivente ha dato la propria disponibilità senza sapere sino ad oggi più nulla!
Il terzo documento – I DIRITTI ALLA CONTEMPORANEITA’ - evidenzia un altro aspetto che può essere acquisito soltanto attraverso la conoscenza della storia e tradizione locale, come evidenziato all’inizio, fatto oggi inesistente a giudicare dalla marea dei risultati visibili, derivanti ancora dalla spiccata ignoranza degli “architetti”, dalla morte di consolidate tecniche edilizie e competenti maestranze, nonché dalla proiezione ossessiva di ogni operatore del settore verso l’utile economico.
In relazione alla “contemporaneità” non si può dire che questa sia negata. In assensa di un “ordine architettonico” caratterizzante il periodo storico, è la quantità del prodotto dell’ultimo mezzo secolo che fornisce di conseguenza la risposta in “contemporaneità” e in “qualità”, aspetti talmente vergognosi che è meglio soprassedere negli apprezzamenti, basta ricordare tra le tante opere contemporanee prodotte quelle del noto critico Bruno Zevi pubblicate all’inizio della sua collana editoriale “Cronache di architettura”, costruzioni degne di un classico palazzinaro di borgata.
Quanto surrichiamato è rivolto a stimolare nella categoria un serio mea culpa ed una opportuna riflessione sulla grande presunzione che, nella fattispecie, gareggia con l’ignoranza, aspetti incontrastati che regolano la nostra attività professionale e trovano riscontro nell’irreversibile danno al prodotto fornito.
Arch. Franco Della Rosa
Ameria, 25 dicembre 1998
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Oggetto: Rubrica "LETTERE IN REDAZIONE".
Gentile Direttore di
INGENIUM
05100 TERNI
Lo sviluppo economico locale attraverso
il piano REGOLATORE.
Uno strumento di pianificazione
territoriale determinante per la vita dell’economia locale[1]
La rinascita economica locale con particolare riguardo ai centri antichi, in una società che vuole appellarsi evoluta, specialmente nell’ambito delle piccole comunità come quelle dell’Amerino passa forzatamente solo attraverso il “Piano Regolatore urbanistico” che a valenza comunale è definito Piano Regolatore Generale (PRG) e del quale sin dalla massima diffusione (iniziata con gli anni ‘70) è stata mal compresa la vera prospettiva ed i risvolti che poteva determinare nel tempo sulla economia e sulla trasformazione della cultura locale. La Legge Regionale n. 31/’97 ha rivisto recentemente, per l’ennesima volta, il modo di operare in Umbria in campo urbanistico, ma con troppo ritardo e senza risvegliare i criteri ispiratori della programmazione urbanistica che sono nella razionalizzazione delle risorse.
Non esiste oggi, e ancora più in passato, per l’intera miriade di centri antichi compresi quelli metropolitani, altra possibilità di riequilibrio sociale ed economico che non derivi dalla programmazione urbanistica, come d’altronde nei secoli volutamente o spontaneamente è sempre avvenuto.
L’elevata “armonia” tra le varie attività svolte nella città storica è sempre derivata da scelte oculate di pianificazione urbanistica rivolte alla gestione dell’interesse pubblico, che soltanto in epoca contemporanea è stata sconvolta da temporanei illusori benefici di parte.
É il piano regolatore che sulla scorta dei movimenti demografici consolidati programma la qualità della vita per il futuro ed è sull’uso ed abuso di tali dati che ogni abitato trova beneficio o ne riceve dei danni.
Ciò sta a significare che in presenza di popolazione stabile soltanto da previsioni razionali e obiettive si possono attendere buoni frutti.
Tipica dei piani regolatori tradizionali è invece la megalomane ed empirica programmazione basata su evanescenti previsioni di sviluppo economico che da decenni si esprimono palesemente ovunque attraverso pesanti danni, quali:
- la costruzione della periferia urbana, realizzata senza effettivi supporti demografici;
- l’abbandono della città antica e la sua trasformazione in seconde terze quarte case economicamente sopravvalutate a discapito del mercato locale fondato su stipendi e salari;
- l’abbandono della propria storia e tradizione, differenziata per località, base di ogni sviluppo civile;
- il degrado della qualità della vita e la morte delle attività sociali emergenti;
- i costi di gestione pubblica insostenibili con riscontro in servizi scadenti.
Argomenti su cui l’Associazione più volte ha levata la sua voce attraverso la stampa.
É qui che il PRG può porre rimedio razionalizzando le risorse consolidate (le risorse economiche dei bilanci comunali di 30/40 anni fa, rivalutate, corrispondono in larga misura alle attuali, ma nel frattempo le città si sono estese spesso sino a quintuplicare l’occupazione di suolo con la conseguente necessità di infrastrutture, impianti e la diluizione dei servizi pubblici e privati, costringendo ogni utente all’utilizzo di mezzi di trasporto, in passato inutili) attraverso il ridimensionamento delle “espansioni edilizie” (zone B e C), cancellando le previsioni urbanistiche non attuate, emarginando le periferie più estreme sino all’abbandono al termine del proprio ciclo di vita.
Ai cittadini va l’obbligo di riappropriarsi dei propri abitati antichi, riqualificandoli. Soltanto città abitate abbisognano di servizi, attività commerciali e artigianali e soltanto gli abitanti riattivano i rapporti sociali contrariamente alla programmazione forzata che sarà sempre fallimentare, come è.
Sulla materia nel 1985 lo Studio preliminare per il Piano Urbanistico Comprensoriale dell’Amerino-Narnese, redatto per conto del Consorzio per l’Assetto del Territorio, presieduto da Francesco Bussetti, inviato in forma di partecipazione ai Sindaci del Comprensorio, ravvisava già allora l’opportunità di ridimensionare drasticamente le previsioni degli strumenti urbanistici comunali nel rispetto della legislazione e dei dati demografici reali visti in una visione comprensoriale.
Da questa semplicissima inversione di tendenza che prima o poi sarà forzata dal collasso di ogni aspetto della vita economico-sociale, corrispondente peraltro al rientro nella legalità sancita dalla normativa nazionale e regionale di formazione degli strumenti urbanistici e loro varianti, scaturisce l’economia gestionale di un abitato, la qualità della vita e lo sviluppo economico.
Negli ultimi 30/40 anni, da quando è iniziato lo sviluppo della periferia urbana, ad esempio per Ameria, il valore in termini immobiliari prodotto dai singoli cittadini è stimato per difetto in circa 600 miliardi di lire, importo a cui va aggiunto l’onere per l’acquisto dei terreni e quello pubblico (anch’esso pagato dai cittadini) per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (infrastrutture – strade, numerosi impianti ecc. – e servizi pubblici – scuola, ospedale, impianti sportivi ecc.), somme che avrebbero trasformato, ben canalizzate, in un gioiello la città antica e le frazioni con le loro immediate vicinanze.
Una nota particolare, in questa sintetica enunciazione, merita l’aspetto sullo sviluppo economico del territorio.
Negli anni passati molte voci si sono levate in loco richiamando l’attenzione sulla vocazione turistica dell’Umbria e del nostro territorio più prossimo. Ad Ameria, fra tutte, quella del presidente dell’ASSA[2] Ermanno Santori è stata la più costante, martellante e stimolante, mai ascoltata e comunque senza un programma “ideale” di soluzione.
L’invasione metropolitana del nostro territorio negli ultimi decenni, con l’acquisto ed il congelamento del nostro patrimonio immobiliare, ha prodotto la trasformazione economica più dannosa che chiunque può accertare; si rileva peraltro quale serbatoio di turismo sia a disposizione della bassa Umbria ed in particolare dell’Amerino-Narnese per una economia di tipo turistico-ricettivo (intesa come cultura/ambiente abbinato ad affittacamere, pensione, ristorazione) con grande possibilità occupazionale e/o di notevole incremento dei redditi.
Nel 1984, Giancarlo Guerrini, nella introduzione al volumetto “Ameria e l’amerino. Storia-Guida, così, in modo lungimirante, guardando verso la capitale, si esprimeva: «… L’Umbria è una regione incantevole per il turista accorto: Ameria ne è la porta».
Si veda al riguardo l’efficientissima attività agrituristica in Alto-Adige ove si giunge in ambito stagionale al raddoppio del reddito familiare.
Diversamente, l’alternativa, resta il guazzabuglio attuale ove anche in campo sociale la comunità locale e quella forestiera di lunga data si coagulano intorno alle residue proprie tradizioni mentre quella recentemente immigrata si autoghettizza in propri ambiti.
Guardiamo quindi alla rinascita dei nostri centri attraverso un Piano Regolatore, usato con coscienza, quindi ridimensionato. Piano che può offrire un risparmio economico anche di pubblico denaro oggi destinato ad inutili e dannose opere edilizie.
La città abitata porta con sé meno mezzi di trasporto, meno parcheggi, meno inquinamento, più rapporti sociali e l’uso dei servizi già esistenti raggiungibili comodamente a piedi oltre al recupero della propria identità di cittadini, nella fattispecie di Umbri ed il risveglio economico-occupazionale.
Ameria lì, 28 marzo 1998.
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LA PROPOSTA É SOLTANTO DELL'ARCH. FRANCO DELLA ROSA
COME DA ESEMPIO DATO IN 40 ANNI DI ATTIVITÁ PROFESSIONALE
COSI PER IL 90% DI CIO CHE SI LEGGE IN QUESTO SITO INTERNET
WWW.GRUPPORICERCAFOTOGRAFICA.IT/UNAUTORE.HTM
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Oggetto: Rubrica "LETTERE IN REDAZIONE".
Gentile Direttore di
INGENIUM
05100 TERNI
«Ameria»[3]
IL CENTRO STORICO
una perfetta struttura urbanistica
ed architettonica disprezzata
in età contemporanea
Tra gli insediamenti umani ereditati dalla nostra epoca, vi sono in Italia 7973 sedi comunali con “centro storico” oltre alle dozzine di migliaia di nuclei frazionali, terre murate, case-forti e insediamenti antichi, formati dall’insieme sistematico di abitazioni, servizi e infrastrutture spesso racchiuse in recinti fortificati di mura, come in Ameria, Todi, Spoleto, Orvieto ecc.
Una raccolta di stili architettonici accomunati dalla omogeneità dei materiali costruttivi; una distribuzione perfetta di attività produttive e sociali giustapposte dal lento scorrere del tempo; una miriade di piazze, strade e scale, orti e giardini disseminati e riordinati nel tempo ad utile di ogni necessità. In apparenza un’accozzaglia eterogenea di manufatti circondati da infrastrutture, in realtà una perfetta macchina sincronizzata per consentire una vita equilibrata di lavoro/residenza e attività sociali.
L’epoca contemporanea annovera la periferia urbana, programmata o spontanea che sia, risulta al contrario, nella prevalenza, un anonimo assemblaggio di opere molto simili ai prodotti seriali del tipo “usa e getta”. Da questa sconcertante realistica visione, in parte, meritano d’essere stralciati i pionieristici interventi otto-novecenteschi, sopravvissuti, nonostante alcune trasformazioni, sino ai nostri giorni.
La differenza tra le due entità in confronto è nella “Storia” che li ha plasmati.
Nella città antica la Storia ha lasciato il segno delle epoche: nell’assetto urbanistico, nella qualità dell’architettura e dei materiali da costruzione, nella razionale distribuzione di ogni aspetto legato alla vita quotidiana o stagionale che trova riscontro (fatto di estrema importanza) nell’economia gestionale strettamente in sintonia con le risorse pubbliche disponibili e con i diffusi e salutari rapporti sociali ramificati in passato tra la popolazione residente.
Nella periferia urbana, dispendiosa nella realizzazione e gestione, sia pubblica che privata, oltreché in larga parte inutile, illusori immediati benefici, quali la casa nuova[4] e a volte singola, l’alloggio in piano, oggi l’autorimessa, lo spazio a verde, la maggiore “indipendenza” (o isolamento?), devono scontrarsi con l’errata pianificazione urbanistica, la rapina del territorio agricolo e la sua cementificazione a cui consegue puntualmente, su larga scala, il dissesto idrogeologico, il traffico caotico, la diluizione dei servizi e il loro alto costo di gestione divenuto da tempo insostenibile, la scadente qualità architettonica, il devastante impatto ambientale e la perdita dei rapporti sociali precedentemente consolidati. A ciò fa riscontro, in generale, la nascita di una miriade di circoli “culturali”[5], intra ed extra moenia, con fini aggregativi prevalentemente presenti in passato, nella parrocchia o in attività politico-culturali.
Tutto ciò, avviene anche in Ameria quale conseguenza di una scriteriata e affrettata decisione politica attuata negli anni sessanta, da incolti e frettolosi amministratori, fomentata da contorti interessi specifici, rivolta a tutti i costi ad ampliare ed abbandonare la città antica, rifiutando nel contempo, temporanee abitudini di vita, anche difficili, nell’illusione di migliorie e comodità sia immediate che future, condivisa dalla popolazione.
Oggi la città antica di Ameria, vive l’ora peggiore dell’età contemporanea. Dimezzata nella potenzialità abitativa dalla costruzione della periferia urbana e di conseguenza svuotata delle attività artigianali/commerciali e di servizio consuetudinarie, venduta quale seconda terza quarta casa ad immigrati fantasma di ogni dove a prezzi quintuplicati, violentata a cadenza oraria da un traffico caotico per l’uso dei residui servizi, da scriteriati interventi edilizi ed estranee consuetudini, passa i restanti tre quarti del giorno in malinconica agonia in attesa del decesso. In trent’anni di abbandono e manomissioni, la nostra città campione, ha raggiunto un aspetto ambientale deprimente, livello rilevabile da ogni cittadino o forestiero dotato del minimo di sensibilità civile e non assuefatto dall’apatico adattamento. A ciò fa seguito la costante approvazione di varianti urbanistiche e speculazioni edilizie senza alcun supporto demografico (popolazione residente alle date del 1861/ab. 7.339; 1881/ab. 9.004; 1901/ab. 10.434; 1911/ab. 10.124; 1921/ab. 10.224; 1931/ab. 10.328; 1936/ab. 11.055; 1951/ab. 11.917; 1961/ab. 11.336; 1971/ab. 10.710; 1981/ab. 10.987; 1991/ab. 11.207; 31.12.1996/ab. 11.292) che vanno a gonfiare ed ingarbugliare annualmente l’intera città condannando definitivamente il centro antico al definitivo abbandono (nel 1911 contava 3.212 ab., nel 1991 possedeva 1.790 ab. oggi ancor meno) e con esso anche l’aspetto economico dell’intero Comune, compreso quello più vocazionale, il turismo[6].
L’amara constatazione di abbandono e decadimento si accentua e si rinnova ogni qualvolta trova compimento una nuova costruzione in periferia perché corrisponde a consolidare l’irreversibile degrado di ogni città antica che diviene sempre più disabitata. A ciò fanno riscontro assurdi restauri e improprie destinazioni d’uso di strutture storiche abbandonate e specificatamente vincolate da naturale vocazione strutturale e tipologica.
In questo panorama d’ambiente coloniale s’inserisce la lievitazione dei costi delle proprietà immobiliari che hanno triplicato, in alcuni casi anche quintuplicato, il loro valore commerciale in ragione di un mercato esterno, deleterio, che ha ridotto in povertà la popolazione residente escludendola dalla possibilità d’acquisto di una abitazione tradizionale nella terra nativa. Tutto ciò per le note vicende locali legate all’invasione di una popolazione forestiera, di estrazione prevalentemente metropolitana, che ruota intorno a servizi sociali di recente istituzione completamente estranei alle esigenze locali. Conseguenze sono la nascita della “agenzia immobiliare” e la sua proliferazione, le “ditte edili” forestiere e l’importazione di “tecnici” di altre tradizioni; segni tangibili sono: lo stravolgimento della qualità architettonica della città storica effettuato “a brandelli” in ogni improvvisata e scriteriata fase di riuso e l’arroganza degli operatori.
Sintomatico di questa realtà a sviluppo nazionale è lo studio pubblicato nel 1995 dal celebre filosofo francese Régis Debray che in un libro dal titolo Contre Venice[7] riporta le sue impressioni sulla città lagunare espresse nell’aspetto essenzialmente mortuario di una città che affonda sotto i colpi di un turismo selvaggio, nell’abbandono a se stessa e nell’in-giusto declino prodotto da amministrazioni dissennatamente negligenti, come una zitella grottescamente imbellettata che si trascina in modo macabro fuori dal tempo col suo assurdo carico di pizzi, di trine e di vecchi merletti. Ad essa pone in contrasto la rigogliosa Napoli, città traboccante di fermenti, di ritmi, di passione.
Il confronto, in pratica, tra una città svuotata dei suoi autoctoni abitanti (come avvenuto in Ameria e in tante altre città dell’Umbria) ed una che ne è traboccante.
Debray evidenzia che Venezia non sopporta la solitudine, mentre Napoli può fare a meno dei visitatori restando “sonora, grassa e sicura di sé”, Venezia al contrario “cadrebbe in depressione, sprofonderebbe in una sola settimana [...] annegata, stralunata, come una vedette obbligata a recitare di fronte a una platea vuota”.
Ciò è quel che capita alla maggior parte dei nostri centri storici ed in particolare ad Ameria, ma questa non può essere una giustificazione.
Soltanto attraverso il graduale abbandono della periferia urbana e la riappropriazione sistematica del centro antico passa il prosieguo della storia amerina e a ciò bisogna lavorare.
Attraverso il razionale uso delle risorse offerte dalla Città storica si attuano i sani principi di economia gestionale urbana, che nella fattispecie portano alla soluzione dei problemi residenziali, viari e connessi, artigianali/commerciali e di risveglio della vita sociale, senza gravare sulla pianificazione antica anzi conservandola e rivitalizzandola, sottraendo nel contempo la Città storica dall’attuale uso di città giocattolo quotidianamente offesa dall’incompetenza di presuntuosi “addetti ai lavori”.
Franco Della Rosa
[1] Intervento della Associazione locale Gruppo Ricerca Fotografica di Ameria presentato alla “Conferenza Programmatica Economica del Territorio Amerino – Quali forme e prospettive di sviluppo per il comprensorio? - Ameria Cinema Perla – 1.03.1998. Conferenza organizzata dal partito della rifondazione comunista”.
[2] ASSA, Associazione della Stampa per lo Sviluppo Amerino, fondata negli anni cinquanta.
[3] Ameria è presa come esempio tra le varie Città umbre a portata di mano della grande area metropolitana che maggiormente causa i danni appresso descritti.
[4] Nella realizzazione della nuova abitazione non si tiene mai conto dell’acquisizione prevalentemente gratuita dell’abitazione antica, “di famiglia”, che con costi ridotti può essere recuperata a proprio beneficio e di quello molto più economico, complementare, della gestione dei servizi pubblici tra loro ravvicinati.
[5] Una recente nota dell’Assessorato alle Associazioni, dell’11. 03.1997 elenca ben 52 Associazioni tra cui solo 8 che non usufruiscono di benefici economici da parte del Comune.
[6] Dal Bollettino Ufficiale della Regione dell’Umbria, s.g., n. 7, del 5.02.1997, p. 12, si apprende quanto segue: variazioni presenze turistiche 1990-1995 per Ameria e amerino: -11,6%; quota presenze rispetto intera regione: 0,78%; variazione posti letto +26,5%, extralberghiero +108; indice di utilizzo esercizi alberghieri: 29,6% nel ‘90 e 17,2% nel ‘95; i.u.a. e extralberghieri: 19,9% nel ‘90 e 10,9% nel ‘95. Pag. 7, differenze ‘94-’95, Amerino -28% che si somma al calo del 22% del ‘94 rispetto al ‘93; Todi: variazione rispetto al ‘90 +81% di presenze.
[7] R. Debray, Contre Venice, Parigi, Gallimard 1995, p. 60.
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COME SI TUTELANO I BENI CULTURALI AMERINI
UN ESEMPIO A CASO SU DOZZINE DI MIGLIAIA
CHE CI CIRCONDANO DAGLI ULTIMI TRENTANNI
L'austera e attraente Torre Medievale detta di mezzopicchio nelle immagini dagli anni '70, '80 e 2000.
Gradevole e significativo monumento del suburbio rurale amerino sottratto alla comunità per farne
una grande Cagata!
Vedi pure in "Archeologia": www.grupporicercafotografica.it/archeo2.htm pag. 12
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SOMMOSSA DELLA PLEBE - 9 AGOSTO 1987
(MANIFESTO DI CM. 70 x 100)
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PRIMA EDIZIONE DEL CORTEO PREISTORICO - 28 FEBBRAIO 1987
VEDI ANCHE IN: http://www.grupporicercafotografica.it/archeo3.htm
* Da sx: Agostini Pierluigi - Conocchia Fabrizio - Sgrigna Alessandro
Cerasi Cristiano - Cerasi Fabrizio - Cerasi Valeria - Rini Sabrina
Guerrini Giancarlo - Manto Aldo - Della Rosa Jacopo
Fotografie di Della Rosa Franco
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Questa lettera non è mai comparsa sulla stampa
e la "prossima puntata" è ancora attesa !
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Anno 1974, febbraio. Piazza G. Marconi con il mercato quotidiano, a lato dx il Barbiere e sx il Calzolaio.
Di lato: la Farmacia, il Bar, la Macelleria, la Tintoria, l'Abbigliamento, gli Alimentari ecc. ...
Anno 1985, ottobre, ore 7,40. Appena venti anni fa, la Piazza G. Marconi era ancora
integra nella sua pavimentazione e viva negli abitanti come appariva due secoli prima!
Anno 1991, ottobre. Soltanto il bar e la cassetta delle poste sopravvive,
nel contempo, con il sindaco Luciano Lama l'imbarbarimento avanza.
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10 novembre 1984
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F. Della Rosa
F. Della Rosa
Roberto Fociani
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S.O.S. dal Convento di Clausura
Zefferino, uomo di fiducia della Priora, ad ogni scadenza,
fungeva da corriere di collegamento per la richiesta d'aiuto puntualmente assicurato
e sempre gratuitamente.
Un certo assessore assicurò che prima o poi l'orto l'avrebbe preso.
L'assessore è morto e l'orto è sempre lì (fdr).
L'ultimo ostinato ad insistere contro il convento di san Manno!
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Pdf ▲- Distruzione di Piazza Guglielmo Marconi in Ameria - 2018/19
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www.grupporicercafotografica.it