Piazza Pietro Panfili a Guardea
La nuova Piazza del Centro Storico, a dx il fabbro Aroldo Belli autore dei lavori in ferro
Particolare della pavimentazione in lastra di porfido
dal settimanale "GRAZIA" del 14 novembre 1997
Filmato in YouTube della Mostra della Piazza e Sede Comunale a Shanghai, 2014-2017:
https://www.youtube.com/watch?v=UoGDXQpQhBY&list=UUdVvtK9qKYrQ961Bd3XqZ_Q
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DALL'ANTROPIZZAZIONE DEL TERRITORIO
ALL'URBANISTICA CONTEMPORANEA
La presenza umana nel territorio di Guardea, sotto l’aspetto
d’insediamento tribale, è documentata da numerosi reperti litici che
attestano la frequentazione e l’attività di indigeni sin dal Paleolitico,
mentre frammenti ceramici riportano all’età neolitica.
Si tratta in pratica di insediamenti
sporadici, puntiformi con rari esempi di piccole aggregazioni che non rientrano
nello specifico campo della pianificazione urbanistica come già presente in
altre parti del Mediterraneo.
La località “Colle s. Silvestro”
testimonia, in pari modo, uno degli stanziamenti più antichi riferibili
all’età del bronzo e del ferro. Restano dello stesso periodo, ancora in
altura, nelle zone montane a nord-est di Cocciano, le tracce di
“castellieri” nonché la fitta rete di sentieri necessari ai collegamenti
commerciali con i vari insediamenti dei versanti circonvicini[1].
Alla fine del VII sec. a.C. e inizio VI
risalgono alcuni reperti ceramici rinvenuti sul territorio, mentre più ricco,
diffuso ed evidente è il materiale risalente al IV e III sec. a.C.,
specialmente riferito all’insediamento negli ambiti più fertili di ville
rustiche legate all’uso agricolo del suolo, che trova la sua massima
espressione ancora ben visibile sulla costa che degrada verso il Tevere nelle
costruzioni a secco del II sec. a.C. realizzate per la regimazione idraulica
della zona dei “Fossi”, controllo ottenuto con più terrazzamenti ripetuti
con intervallo di circa cinquecento metri ed eseguiti con mura in opera
poligonale[2].
Insediamenti che appaiono in fase di ridimensionamento già a partire dalla fine
del II sec. d.C. per motivi di carattere socio-economico e ambientale.
Il
lento ma costante decadimento dell’organizzazione politica conseguente alla
caduta dell’Impero Romano portò di nuovo al trasferimento degli insediamenti
dalla pianura alle alture, aspetto consolidatosi definitivamente intorno al
“mille” con la formazione dei primi nuclei fortificati tra i quali i più
significativi sono “Guardea Vecchia” ed il “Poggio”[3],
primi esempi locali d’insediamento urbanistico. Guardea Vecchia, molto
probabilmente, fu un nucleo stanziale riutilizzato anche per il controllo della
strada sottostante che taglia longitudinalmente la piana di Cocciano, area
compresa nell’ambito della fitta rete viaria secondaria, ma ampiamente
riutilizzata in epoca bizantina, attiva tra i collegamenti alternativi in andata
e ritorno tra Roma e l’Esarcato con centro a Ravenna.
La
distribuzione di singole dimore o nuclei aggregati sul territorio nella
stratificazione storica, tipologica e toponomastica, riscontrabile localmente o
cartograficamente sino ai giorni nostri, è testimonianza di una continua
variazione nella gestione del territorio e dei vari rapporti interpersonali
succedutesi nell’arco del periodo storico compreso in un lasso di tempo di tre
millenni.
Toponimi
quali “Guardea”, “il Marruto”,
“Cocciano”, “la Pieve”, “Scopeti”, ecc. rispondono a ben precisi
significati nella realtà territoriale e storica che li ha visti in auge. Non va
sottovalutata l’importanza di questi riferimenti nell’ambito di una realtà
territoriale ed urbana, anche se a volte, risulta di modesta entità sia sotto
il profilo estensivo, di occupazione del territorio, che numerico per i pochi
abitanti rapportando questi aspetti alle consuetudini odierne. È bene
richiamare quale esempio significativo la consistenza del termine “castello”
spesso relazionato semplicemente ad un agglomerato edilizio cinto da mura ed
abitato da poche famiglie, di frequente limitato ad una singola residenza
fortificata.
Analizzando
diversi ambiti rurali e considerando la natura di alcuni luoghi del territorio
si riscontra che non mancano certo i ripari-ricoveri, le cavità naturali
utilizzate e appositamente in parte adattate e gli accessi di vani ancora
occultati dalla vegetazione. Luoghi di culto antichi che sono stati usati con
una certa continuità nel corso dei secoli, come dimostra l’eccezionale
esempio offerto dalla “Grotta Bella” che situata non molto lontano da
Guardea, ha restituito moltissimo materiale votivo, fatto significativo anche
degli interscambi tra comunità limitrofe.
L’aver
individuato e trasferito di recente[4]
in una Carta Archeologica il censimento delle “aree storiche di frequentazione
umana” ha fatto si che le stesse siano oggigiorno, in una certa misura,
oggetto di tutela; tra queste non sono state tralasciate le aree
specificatamente di “cocciame” riferibili non solo a ville e complessi vari
ma anche quelle di tipo industriale come le fornaci destinate alla produzione
dei laterizi.
In
questo escursus di collegamento alla realtà moderna non può rimanere escluso
l’elenco degli altri elementi toponomastici significativi, spesso isolati o
rilevati sparsi in un continuum visivo sul territorio come ponti, pozzi,
sorgenti, carbonaie, piazzole di caccia, boschi e località con nomi di Santi,
tipico tra questi è s. Brunone, che si vanno ad aggiungere a vari luoghi di
culto pagano e cristiano, ai vari romitori ed eremi, conventi, pievi, edicole,
torri di avvistamento e di difesa, tutti elementi che spesso insistono
sull’impianto dei vecchi insediamenti arcaici che hanno visto nel tempo ora
l’abbandono di un sito ora il loro emergente riuso.
Uno
sguardo particolare meritano gli insediamenti d’altura, spesso eremitici o
conventuali, sparsi prevalentemente lungo la catena dei “Monti d’Ameria”,
patrimonio d’uso di più comunità limitrofe, tra questi il monastero di santa
Maria di Montecorvo, s. Benedetto, s. Salvatore, s. Giacomo ecc., oggi per lo più
ridotti a sporadici ruderi.
Del
distribuito e abbondante insediamento rurale, addensato successivamente in pochi
nuclei emergenti (Guardea Vecchia, il Poggio, Cocciano e Frattuccia), svolge
attualmente la funzione di “raccordo” l’insediamento settecentesco di
Guardea nuova. Un insediamento inizialmente circoscritto all’ambito della
Chiesa parrocchiale successivamente esteso ai nuclei più antichi del Marruto e
Scopeti.
Il
Catasto Gregoriano nella prima metà del sec. XIX offre una significativa
immagine del nuovo insediamento, per la verità ancora limitato all’edificio
ecclesiastico, al Palazzo Baronale dei Marsciano e a quell’edilizia
prospiciente le due vie limitrofe, di transito e raccordo, formata da palazzetti
padronali che successivamente consolideranno il tracciato dell’attuale via
Vittorio Emanuele II e Piazza Pietro Panfili, Via Roma, per il resto
all’intorno solo prati e coltivi.
A
questo riguardo tra le poche fonti iconografiche viene in aiuto una
rappresentazione pittorica del nuovo centro abitato eseguita da Domenico Bruschi
nel 1890, commissionata dal parroco don Salvatore Luzi per il catino absidale
della chiesa dedicata a santa Lucia, costruita appena tredici anni prima nel
‘77.
L’immagine,
quasi una fotografia grandangolare con la sua tipica deformazione spaziale,
abbraccia gran parte di “Piazza Panfili”, sullo sfondo il castello del
Poggio e Guardea Vecchia, il tutto, come già riscontrabile nelle piante
catastali, ampiamente incorniciato dall’ambiente agricolo.
È
tra la fine dell’ottocento e la prima metà del novecento che l’immagine di
Guardea inizia a definirsi e stabilizzarsi[5].
Il fatto è testimoniato e confermato nelle “cartoline postali” prodotte a
cavallo dell’ultimo conflitto mondiale ove l’abitato appare ben formato e
vissuto con in primo piano l’attività economica emergente: la lavorazione
della principale risorsa locale, il travertino, noto anche fuori comune per la
qualità “santa Illuminata”.
Soltanto
più tardi, dopo gli anni sessanta, con l’avvento della programmazione
urbanistica, codificata nel Regolamento Edilizio con annesso Programma di
Fabbricazione inizieranno a comparire e configurarsi le espansioni edilizie oggi
consolidate[6].
Sono
gli anni più recenti quelli dedicati alla più puntuale classificazione e
programmazione del patrimonio culturale Comunale grazie alle maggiori conoscenze
storiche e territoriali acquisite attraverso studi e ricerche d’archivio e sul
campo[7].
Rilevanti
e quasi uniche risultano alcune scelte di pianificazione urbanistica
dell’Amministrazione comunale di Guardea, tra queste la normativa specifica
destinata all’ambito rurale compreso tra l’ex Cimitero storico e le coste di
Guardea vecchia denominata “Campi Rossi”, in cui sono inserite specifiche
tipologie edilizie di esempio-riferimento tratte da residui esempi diffusi
nell’amerino rivolte ai tecnici progettisti, nonché schemi architettonici ed
indicazioni descrittive dei materiali costruttivi e di finitura più confacenti
in ambito rurale[8].
Un altro particolare significativo che si riscontra nel Piano di Fabbricazione in vigore è quello di aver preso atto dell’opportunità di classificare ultimamente in Zona “A” – Centro storico, l’ambito circostante la Chiesa parrocchiale, di aver isolato alcune tipologie edilizie, poste tra l’ex rurale e l’urbano, meritevoli di ulteriore attenzione nel recupero architettonico-edilizio, la redazione del Piano Particolareggiato per il Capoluogo e la frazione Cocciano-Le Case, in corso di approvazione, nonché il significativo intervento programmatico, in ambito privato, per il castello del Poggio attuato con notevoli lavori di recupero-restauro effettuati in contemporanea a significative opere pubbliche quali la nuova Sede Municipale, la Piazza Pietro Panfili, via Roma e via Vittorio Emanuele II [9].
[1] Vedasi: Ragni Enrico, L’archeologia nel territorio, in «Guardea – pagine di storia», vol. I, Quatrini, Viterbo, 1995, pp. 17-23.
[2] Vedasi: Della Rosa Franco, Le mura poligonali lungo il fosso Marrutana, in «Guardea – pagine di storia», op. cit. pp. 28-34. Tali opere si riscontrano in Guardea a costituire terrazzamenti rurali, mentre nel limitrofo Comune di Lugnano e di Giove sono in prevalenza sostruzioni di ville e attraversamento di fossi.
[3] Per approfondimento vedasi: Medori Girolamo, Un popolo alle prese con il vivere, in «Guardea – pagine di storia», op. cit. pp. 35-41.
[4] La Carta Archeologica redatta a seguito dei vari campi succedutesi a Guardea è stata anche recepita nel vigente Programma di Fabbricazione Comunale.
[5]
Vedasi: Medori Girolamo, Passato
prossimo: dall’archivio della memoria, in «Guardea – pagine di
storia», op. cit. pp. 105-107.
[6] Il primo piano urbanistico risale al 1972 e fu approvato con D.P.G.R. n. 1080/’74.
[7] Determinante è stato l’apporto, prima del Gruppo Archeologico Amerino, quindi di quello Guardeeese attraverso numerosi studi e campi archeologici.
[8] Pari indicazioni, rare negli strumenti urbanistici nazionali, sono invece tassativi ed incentivati in ambito altoatesino, specialmente nelle zone montane.
[9] Opere professionali dello scrivente prodotte in perfetta armonia con i committenti.