Sede comunale di Guardea
La sede Comunale sulla Piazza Pietro Panfili nell'aprile del 2014
La nuova sede comunale sulla Piazza Pietro Panfili
La sede comunale di Guardea e l'intorno com'era prima dei lavori - 8 aprile 1982
Filmato in YouTube della Mostra della Piazza e Sede Comunale a Shanghai, 2014-2017:
https://www.youtube.com/watch?v=UoGDXQpQhBY&list=UUdVvtK9qKYrQ961Bd3XqZ_Q
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LE
MURA POLIGONALI
L'arch. Franco Della Rosa e il Prof. Odoardo Girotti ai "Fossi" con
la Dr.ssa Claudia Medori, la figlia Elettra e l'insegnante Norma Perelli.
L'esistenza di murature in opera poligonale nella bassa Umbria, era ufficialmente documentata sino al 1989 esclusivamente
dai due recinti di fortificazione di Ameria, quello di Cesi e
s. Erasmo di Cesi, più a nord da porzioni di mura a Todi e
Spoleto, tracce a Narni.
Il
rinvenimento di sei nuovi tratti indipendenti in
area agricola (4 a Guardea, 1
a Lugnano ed 1 ad Attigliano), va
ad arricchire la conoscenza sull'uso di questa tecnica edilizia
in opus siliceum ed ampliare la
tipologia delle destinazioni d'uso.
Per l'area guardeese i caratteri geomorfologici di dissesto idrogeologico, evidenziato in più studi tecnici, presente con frane, erosione del suolo, alluvionamenti, peraltro giustificato dalla presenza di un terreno calanchivo con forte acclività (superiore al 50%), ramificato reticolo idrografico, bassa permeabilità delle rocce con sorgenti in prossimità del fondovalle, medio-alta propensione al dissesto con numerose frane in atto ed un'agricoltura attualmente limitata alla coltivazione di seminativi e della vita, frammista a prati ed incolto ove prevale la ginestra e lungo i fossi la quercia e il cerro, consente di formulare sin d'ora il motivo dell'opera poligonale per opere idrauliche di regolamentazione delle acque tramite sbarramento, al pari delle attuali dighe.
Dimenticate da anni ed
abbandonate a se stesse, dopo aver perso l'antica funzione, le mura poligonali
del Fosso Marrutana, sono state di recente degnamente
rivalutate e portate a conoscenza di un vasto pubblico in occasione del
2° Seminario Internazionale
di Studi sulle Mura Poligonali che si tenuto ad Alatri
nell'ottobre del 1989, divenendo dall'allora
un nuovo interesse per la
Comunità locale.
Suddivise in quattro tratti lungo il ripido corso del Fosso, distanti fra loro inizialmente 250 metri quindi ad intervalli costanti di 500 metri, e 20 metri di dislivello, le mura dovevano svolgere una delicata opera: quella di regolamentare il flusso del Fosso, talora in irruenta piena altre volte regolarmente nell'alveo ed altre ancora addirittura in secca.
Il primo tratto,
ultimo ad essere stato individuato (21.2.90), ha forma di "V" aperta
con l'apice contro la corrente dell'acqua
che a monte riceveva le acque di un altro torrente di maggiore dimensione desumibile oggi dalle mappe
del Catasto Gregoriano (1819-1835) con
uno sviluppo di metri lineari 7,80 e altezza
variabile tra mt. 0,50 e 1,70 ma con notevole interramento, bella la qualità della giacitura.
Il secondo tratto, lungo ben 45,15
metri, in parte ricostruito, funge oggi da muro di contenimento, forse dovuto almeno in
parte, all'antico
interramento, attraversa con l'andamento l'attuale corso d'acqua. Non si
riscontra all'intorno materiale ceramico.
Il terzo sbarramento di
notevole dimensione ed imponenza. Questo diviso in
due tronchi separati dal Fosso e con pianta a "S" molto schiacciata. Lo sviluppo totale raggiunge metri
84,70, mentre lo spessore
prevalente di metri 3,20, con la sporgenza dovuta a due gradoni di centimetri 25 e 70 supera
i quattro metri.
L'altezza massima fuori terra di metri 4,70, non possibile documentare l'interramento stimabile in centimetri 70-80. La muratura prevalentemente
a filari orizzontali con piani
d'imposta dei gradoni a quota corrispondente sui due versanti del Fosso. Questa appare molto compatta
e ben legata con
discreta tendenza al poligonale. L'ampia porzione orientale in ottimo stato di
conservazione statica.
L'ubicazione dello sbarramento, in un tratto ove la valle si restringe e raccoglie la confluenza di un nuovo
torrente era chiaramente un
ambito da preferire. É da notare scendendo verso il piano che accanto a calanchi di tipo attivo ne troviamo altri di forme senili ove si insediata
una vegetazione arbustiva atta a rallentare
il fenomeno erosivo del terreno. Nemmeno in
questo ambito, circondato da terreni arati, si rintraccia la presenza di
materiale ceramico.
L'ultimo
sbarramento ha sviluppo di metri 24,30 oltre all'attuale attraversamento stradale ed un tratto spianato per
complessivi metri 13,50. Anche per questo sbarramento il Catasto Gregoriano evidenzia
la presenza di un piccolo affluente poco a
monte. Siamo in prossimità del
Colle s. Silvestro, luogo ove fu
rinvenuto circa venti anni orsono
un bronzetto votivo di buona fattura ben connotato, forse un "Marte in
assalto", alto mm. 73,
databile in pieno IV a.C..
La struttura del muro
costituita prevalentemente da due filari di blocchi di
cui l'esterno più compatto contrastato
sul lato Est a morire da un affioramento di
travertino. L'impostazione di
opera poligonale ben evidente. Nel
superstite tratto iniziale Ovest
affiora il piano d'imposta aggettante che scompare gradualmente ad Est con l'interramento.
Differenziandosi sostanzialmente dalle
murature poligonali atte
a costituire recinti
fortificati, le mura poligonali di Guardea
evidenziano maggiormente,
sia come impianto che come tipologia, lo
specifico compito che dovevano assolvere, quello di sbarramento per frenare l'impeto delle
acque. I maggiori dati sono rilevabili dal terso sbarramento ove il primo piano di spiccato sormontato da una elevazione leggermente arretrata,
quindi da un secondo alzato anch'esso arretrato a formare con il precedente una
sorta di gradoni
abbastanza accentuati
dalla rastrematura di posa
in opera, variabile tra il 10 e il 20%. I blocchi ben lavorati e discretamente rifiniti anche in superficie con leggera convessità e giustapposti usufruiscono di rarissime zeppe. La classificazione
nelle convenzionali "maniere" tutt'altro che agevole, specialmente se si attribuisce a queste una seppur ipotetica "cronologia".
Il secondo tratto si
differenzia notevolmente dal precedente e dai successivi per
la rozzezza dell'esecuzione tanto da far pensare ad un primo lavoro, quasi sperimentale, in epoca coeva agli altri ma con tecnica primitiva, semmai di poco precedente. Il primo,
il terzo e il quarto tratto (molto deteriorato) di buona fattura nonostante la destinazione dell'opera, con
difficoltà si riesce a collocare in e precise.
Per deduzione da fatti storici contingenti, tecnica
d'esecuzione, insediamenti rurali
gi attestati avanti al I sec. a.C. si
può azzardare una datazione a cavallo tra il III e il II sec. a.C.
Soltanto un
accurato studio di questo territorio, oggi molto lacunoso, potrà fornire, con tempi pi ampi di quelli attualmente
utilizzati, risultati più puntuali.
Nella succinta premessa e nella
descrizione seguente sufficientemente chiara
l'interpretazione che si vuol dare alla
presenza di queste murature in opera
poligonale. Soltanto
interpretazione perché scarse sono
le conoscenze tra il IV e il II
sec. a.C. in merito ad insediamenti rustici che giustifichino queste imponenti
opere, epoca a cui ritengo
possono essere attribuiti
gli interventi, se si escludono la localizzazione e il parziale scavo di alcune
ville circonvicine datate I avanti - IV
dopo C. in piena e romana.
É di aiuto la morfologia
della zona che fa comprendere con maggiore facilità la necessità di tali opere: buona fertilità del
suolo ma impossibilità di
uso costante a causa dei continui allagamenti e corrosioni dovuta al carattere torrentizio dei fossi, dilavamento dei terreni, assenza di acqua fluviale o sorgiva per
irrigazione, quindi
necessità di risanamento e controllo
dell'area sono con certezza
gli elementi che hanno
obbligato il ricorso ad opere di questa mole.
L'ubicazione degli sbarramenti corrispondenti al tronco del Fosso maggiormente minaccioso, va ricordato che ha già
percorso circa 7
Km. con
un dislivello di 550 mt. e ricevuto vari affluenti. Lo sbarramento si poneva quindi, come opera atta a
rallentare e regolamentare il corso d'acqua, a formare bacino di riserva e
probabilmente a stabilire i punti di attraversamento
della valle.
Come ben noto ogni sbarramento
produce deposito e di conseguenza
l'interramento dell'invaso. inoltre evidente che i terreni costeggianti la
valle continuando lentamente a dilavarsi, fatto ben documentato sul tratto Est
dello sbarramento principale, hanno consentito la deviazione del torrente
affluente che in presenza di un substrato argilloso ha gradualmente
inciso di fianco scavalcando l'ostacolo per ricongiungersi a valle.
Il
fenomeno dell'interramento e del successivo svuotamento chiaramente documentato, prima con
l'interruzione del corso d'acqua, la tracimazione del Fosso al di sopra del muro e
il graduale interramento
dell'invaso, poi con la demolizione o il crollo dello stesso muro in coincidenza dell'alveo
originale; non si riscontra infatti a valle delle "dighe" alcun
deposito, segno della perfetta distribuzione del materiale sui terreni
sottostanti una volta venuto meno l'ostacolo. I terreni di deposito superstiti allo svuotamento mostrano
infatti una giacitura simile ad un "imbuto" schiacciato con
l'apertura rivolta verso l'alveo.
A breve distanza dal Fosso Marrutana, nel limitrofo comune di Lugnano in Teverina, si ritrova la stessa tecnica edilizia applicata per regolamentare il Fosso Porcianese. Le modalità di ubicazione, la giacitura dei terreni, l'intervallo degli attraversamenti viari della valle ed ogni altro particolare confermano il lavoro di regimazione idraulica del territorio, di più ampio respiro, probabilmente all'epoca facente parte di un unico prospero latifondo.
BIBLIOGRAFIA
- F. DELLA ROSA, Opere poligonali della bassa Umbria: cinque recenti rinvenimenti nel comune di Guardea e Lugnano in Teverina,
in Atti
del "2 Seminario
Internazionale di studi
sulle mura poligonali,
Alatri 28.29 ottobre 1989", Alatri 1990, pp. 85-98.
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